Fedi in gioco ~ Rassegna

Recupero proiezione MAGIC MEN lunedì 30 maggio, ore 21.00

In collaborazione con il Religion Today Filmfestival (primo festival internazionale di cinema delle religioni, giunto alla sua 18ª edizione), FEDI IN GIOCO – Cinema e dialogo interreligioso è una proposta che coinvolge 30 Sale della comunità con l’obiettivo di leggere attraverso tre film altrettante religioni: Magic Men – Ebraismo, Gold and Copper – Islam, Marie Heurtin – Cristianesimo.La rassegna è introdotta martedì 10 maggio alle ore 20.30 da un incontro a più voci con Yassine Lafram (coordinatore comunità islamica di Bologna), Mauro Perani (Prof. Ordinario presso il Dipartimento di Beni Culturali, Università di Bologna), Stefano Ottani (parroco). Modera ENRICO BERTONI (Museo Interreligioso di Bertinoro).

[tabs slidertype=”top tabs”]
[tabcontainer]
[tabtext] MAGIC MEN [/tabtext][tabtext] GOLD AND COPPER [/tabtext][tabtext] MARIE HEURTIN [/tabtext][tabtext] INFO [/tabtext]
[/tabcontainer]
[tabcontent]
[tab]

MAGIC MEN ~ GLI ILLUSIONISTI

Lunedì 30 Maggio 2016 ~ Inizio Proiezione ore 21.00

 

magic man

Regia: E. Tadmor, G. Nattiv

Nazione: Israele

Anno: 2014

Durata: 100 min

Genere: Commedia, Drammatico

Cast: Ariane Labed, Vangelis Mourikis, Zohar Shtrauss

Trama: La storia di Avraham, anziano ebreo greco insofferente della religione, e di suo figlio, affermato rapper ortodosso. Dopo un distacco durato molti anni, i due partono insieme per la Grecia, dove Avraham si mette alla ricerca di un vecchio mago che durante la seconda guerra mondiale gli aveva salvato la vita. Attraverso una serie di incontri assurdi e situazioni bizzarre, il rapporto tra padre e figlio si sviluppa verso l’inevitabile confronto finale…
[learn_more caption=”Premi per mostrare la recensione”]

Secondo film del sodalizio artistico di Erez Tadmor e Guy Nattiv, tra le voci più interessanti del nuovo cinema israeliano, Magic Men affonda in una storia di famiglia: quella dei nonni dei registi, tornati entrambi nella nativa Polonia nel tentativo di ritrovare i “giusti” che li avevano salvati dall’Olocausto. Vicende simili non sono nuove agli storici e neppure al cinema della Shoah. L’ambientazione greca, nel pieno della recente crisi finanziaria, aggiunge però nuove sfumature ad una commedia che approfondisce con il caratteristico miscuglio di riso e di lacrime l’inesauribile esplorazione dell’identità ebraica.
Protagonista del film è l’anziano Avraham (Makram J. Khoury), scampato all’occupazione nazista di Salonicco, ora membro stimato – seppure ben noto per le sue intemperanze – della comunità ebraica greca in Israele. Il suo ritorno in Grecia per una cerimonia commemorativa si trasforma piuttosto in una surreale odissea crossculturale alla ricerca dell’illusionista che lo aveva nascosto e gli aveva insegnato i suoi trucchi durante la Seconda guerra mondiale. Ad accompagnare Avraham, ateo radicale, è il figlio quarantenne, devoto rapper ultra-ortodosso che vede nel viaggio l’opportunità di sanare le laceranti incomprensioni che li hanno tenuti lontani per anni.
La forza del film risiede proprio nella vivace caratterizzazione dei personaggi: il vecchio collerico ma estroverso che rifiuta sdegnosamente il conforto della fede, l’irresistibile musicista chassidico con le sue coinvolgenti fragilità, e a completare inaspettatamente il triangolo la squillo greca che rinnova l’immagine trita della prostituta di buon cuore. La straordinaria interpretazione di Khoury, l’attore arabo israeliano già interprete di celebri film come La sposa siriana e Munich di Steven Spielberg, ha guadagnato a Magic Men il prestigioso riconoscimento dell’Israel Film Academy. La scelta di affidare la parte di un sopravvissuto ad un artista palestinese ha fatto discutere – e in qualche caso indignare – la società ebraica. Dopo averlo visto sulla scena, tuttavia, non si può che concordare con i registi, che in lui hanno riconosciuto semplicemente “l’uomo giusto nella parte giusta”, scrivendo così una nuova pagina della storia del cinema come strumento di integrazione. Memorabile in questo senso anche la scena in cui Avraham-Khoury sfugge alla violenza antisemita di un gruppo di skinhead.
Scandito da accattivanti momenti musicali, Magic Men sviluppa i temi del rapporto padre – figlio e del contrasto tra il credere e il non credere rispolverando la formula collaudata del road movie; ma in entrambi infonde complessità e sentimento, ritrovando la ricchezza e l’incanto del vivere quotidiano.

[/learn_more]
[/tab]
[tab]

GOLD AND COPPER ~ ORO E RAME

Martedì 17 Maggio 2016 ~ ore 21.00

 

Gold and Copper

Regia: H. Assadian

Nazione: Iran

Anno: 2011

Durata: 97 min

Genere: Drammatico

Cast: Negar Javaherian, Behrouz Shaibi, Javad Ezati

Trama: Seyed Reza è un giovane studente di teologia che si trasferisce a Teheran per completare la sua istruzione frequentando un corso di etica. La malattia di sua moglie, colpita da sclerosi multipla, cambierà però la sua vita: per amore di lei è costretto ad abbandonare il seminario e a prendersi cura della sua famiglia.
Un film che mostra con semplicità come i problemi della vita quotidiana possano ispirare un percorso spirituale, sottolineando che la fede può essere trovata non solo nei libri e nello studio, ma soprattutto nella vita quotidiana e nell’amore per l’altro.

[learn_more caption=”Premi per mostrare la recensione”]

Per secoli gli alchimisti hanno cercato il segreto per la trasmutazione in oro dei metalli meno nobili, intesa anche come metafora di una profonda trasformazione spirituale. Il titolo Gold and Copper, esplicitato nella conclusione del film, ha in sé lo sviluppo necessario di una storia che inizia tra gli scaffali di una biblioteca e si chiude quando lo studio diventa azione, appena fuori dell’aula di etica, nel cortile del seminario di Teheran.
Seyed Reza, discendente del Profeta, è uno studente di teologia che si è appena trasferito con la famiglia nella capitale per perfezionarsi negli studi. Perno della vita familiare è la sorridente abnegazione di Zahra, la giovane moglie che si prende cura di Seyed e dei bambini come della nuova vicina di casa, trovando anche il tempo di tessere i tappeti tradizionali che guadagnano loro da vivere. Ma la salute di Zahra peggiora costantemente, fino al ricovero in ospedale, dove le viene diagnosticata la sclerosi multipla. Stordito dalla disgrazia, Seyed si trova improvvisamente nella necessità di cucinare, cambiare pannolini, accompagnare la figlia a scuola e portare con sé il bambino tra gli allievi e i maestri del seminario.
Attraverso dettagli sottili ma rivelatori, dalla freddezza dei colleghi di Seyed alla diversa accoglienza che gli è riservata a seconda che si presenti “in borghese” o con l’abito religioso, il film denuncia, in modo spesso inatteso, le tensioni di una società che fa pochi sconti ad una famiglia in crisi. Con una narrazione apparentemente semplice e spontanea, in realtà frutto di un attento controllo di tutti gli elementi tecnici e artistici, Asadian rilegge il classico melodramma domestico trasformando una storia alla “Mister mamma” in una commovente parabola di respiro universale, che mescola humour e tragedia con un forte senso del sacro nelle fatiche quotidiane. La malattia, nel sovvertire schemi e ruoli collaudati, costringe tutti a una strenua prova di “etica applicata” che concretizza le eloquenti citazioni coraniche sul potere trasformativo dell’amore. La recitazione offre più di un tour de force nella resa del rapporto di coppia in un contesto che proibisce di mostrare sullo schermo il contatto fisico tra uomini e donne; nei panni di Zahra, Negar Javaherian è semplicemente straziante quando le gambe la tradiscono mentre cerca di cucinare per la figlia un piatto di spaghetti. Apprezzato anche in patria per equilibrio e intelligenza, tanto dal clero tradizionalista quanto dagli studenti più radicali, Gold and Copper è soprattutto un appello alla compassione, che non contesta la religione ma il freddo dogmatismo con cui essa, talvolta, viene praticata. Una finestra su una terra misconosciuta e un’occasione rara per scoprire il cinema iraniano non distribuito in Occidente.

[/learn_more]

[/tab]

[tab]

MARIE HEURTIN ~ DAL BUIO ALLA LUCE

Martedì 24 Maggio 2016 ~ ore 21.00

 

locandina Dal Buio alla luce

Regia: J.P. Améris

Nazione: Francia

Anno: 2014

Durata: 95 min

Genere: Biografico, Drammatico

Cast: Isabelle Carré, Ariana Rivoire, Brigitte Catillon

Trama: La vera storia della quattordicenne sordocieca Marie Heurtin nella Francia del tardo Ottocento. Il padre di Marie, un umile artigiano, non si rassegna al giudizio del medico che la giudica “idiota”. Disperato, si reca presso l’istituto di Larnay vicino Potiers, dove la giovane suor Margherita, nonostante lo scetticismo della Madre Superiora, prende sotto la propria ala quel “piccolo e selvaggio animale” e dedica tutta se stessa a strappare Marie dal buio che la avvolge.
[learn_more caption=”Premi per mostrare la recensione”]

L’isolamento assoluto di un mondo senza suoni e senza immagini. È la prigione della piccola Marie Heurtin, 14 anni, nata sorda e cieca nella Francia di fine Ottocento, dove la sua incapacità di comunicare è considerata un’insanabile minorazione. Di fronte al parere del medico che la giudica “idiota”, il padre di Marie, modesto artigiano, tenta il tutto per tutto chiedendo soccorso all’Istituto di Larnay vicino Poitiers, opera delle Figlie della Sapienza, dove le suore si prendono cura di ragazze sorde. Vincendo lo scetticismo della madre superiora, la giovane suor Marguerite prende sotto la propria ala quel “piccolo animale” dal destino segnato e decide di dedicarsi con tutta se stessa a liberare Marie dall’oscurità che la avvolge.
Nel suo “Marie Heurtin – Dal buio alla luce”, Jean-Pierre Améris prosegue con sincerità di ispirazione il cammino defilato ma coerente imboccato vent’anni fa, ancora una volta scegliendo di dare voce agli invisibili e ai dimenticati in un cinema di contenuti che trascende la retorica dei buoni sentimenti per restituire la vertigine del dubbio e della grazia che si annida nelle più piccole gioie quotidiane.
Raccontando la storia vera di Marie e della religiosa che contribuì a sviluppare un metodo pionieristico per l’educazione delle persone sordo-cieche, l’autore raccoglie un’eredità che dal “ragazzo selvaggio” di François Truffaut rimonta al pensiero del filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau, innestandovi il ritratto attento e partecipe di una situazione di grave disabilità sensoriale. Una sfida vinta soprattutto evitando ogni cedimento patetico nella descrizione della sconvolgente battaglia fisica tra due corpi e due anime che lottano per comunicare.
Sullo schermo prende forma una storia d’amore umile, paziente, sviluppata in punta di dita, attraverso le inquadrature sensibili delle mani che ci invitano all’esperienza sinestetica della ruvidezza di una corteccia o del calore del sole prima di diventare parola e linguaggio. Fondamentale l’apporto delle due protagoniste, l’attrice sorda Ariana Rivoire, alla sua prima apparizione nei panni di Marie, e l’intensa Isabelle Carré, straordinaria interprete di una forma di maternità spirituale che permette alla ragazzina selvaggia di crescere come donna, con dignità, autonomia, consapevolezza, capacità di fare le proprie scelte.
Come d’abitudine Améris si affida per le musiche alla violoncellista francese Sonia Wieder-Atherton, ma sono i lunghi silenzi a contrassegnare una visione che con semplicità invita lo spettatore a interrogarsi su cosa significhi vivere senza poter vedere, sentire, parlare; un ponte di precomprensione che arricchisce il lungo dialogo tra cinema e diversità.

[/learn_more]
[/tab]
[tab]
informazioni

Ingresso unico 4 €

Martedì 10 inizio serata ore 20.30: interverranno Mauro Perani (Università di Bologna), Yassine Lafram (Coordinatore comunità islamiche Bologna), Stefano Ottani (parroco), Enrico Bertoni (Museo Interreligioso Bertinoro) – inizio proiezione ore 21.30

Martedì 17 e Martedì 24 inizio proiezione ore 21.00

 

In collaborazione con Cineclub RaggioVerde

[/tab]
[/tabcontent]
[/tabs]

fedi in gioco